E ora? Spunti di riflessione sull’industria delle rassegna fieristiche in epoca di distanziamento sociale

Per chi, come me, le “fiere” e le “missioni in collettiva” le organizza da oltre quindici anni, ma anche per chi costituisce la rete della filiera di questa industria, così come chi alla partecipazione alle rassegne destina una parte consistente del proprio budget promozionale, questo è un momento senza precedenti, direi catartico.

Tra le conseguenze inevitabili di questa pandemia mondiale che ci ha costretti a convivere con il “distanziamento sociale” c’è uno stop senza precedenti dell’intero calendario fieristico mondiale, o per meglio dire del calendario mondiale degli eventi in genere (sportivi, musicali, religiosi, di business, di formazione e altri ancora) con spostamenti e cancellazioni che superano il migliaio (oltre il 50% in Europa) e un conto in continuo aggiornamento. Anche le Olimpiadi ed Expo Dubai 2020 hanno dovuto sottostare a questa nuova regola. Per i più curiosi, qui un elenco non esaustivo, ma che lascia a bocca aperta.

Coronavirus leads to exhibition cancellations. List of postponed or cancelled trade fairs and exhibitions worldwide.
Coronavirus leads to exhibition cancellations. List of postponed or cancelled trade fairs and exhibitions worldwide.

Sarà banale dirlo, ma si tratta di una vera e propria spoon river di una industria che usciva di un lungo periodo di espansione e globalizzazione, coinvolgendo sempre più brand, progetti, operazioni.

Un periodo che inevitabilmente lascerà conseguenze ancor oggi non definibili, ma al contempo capace di condurre a qualcosa di non immaginabile poco fa: un confronto continuo tra gli Amministratori Delegati dei principali Quartieri Fieristici e rassegne fieristiche private a livello internazionale, la riattivazione di organismi di rappresentanza dell’industria a livello europeo e mondiale con necessarie azioni di advocacy, il tentativo di ridisegnare un settore, portando a confronto operatori del settore a vario livello, mettendo in gioco e a confronto idee e ragionamenti.

Un momento di profonda virata dagli orizzonti incerti, per un’industria antica come l’uomo, capace di lasciti come la Tour Eiffel ma che da troppo tempo, forse, poggiava su modelli di business consolidati, rafforzati da un processo di globalizzazione che ha aperto sempre nuovi mercati da conquistare spesso con logiche consolidate, negli scorsi 20 anni.

Ora l’industria delle fiere deve fare i conti con lunghe fasi di convivenza con il virus, incrociando i destini con altre industrie analogamente colpite, come appunto quelle degli eventi in genere ma anche la filiera del valore connessa: hotellerie, le compagnie aeree, tutti i servizi collegati. Confini chiusi e protocolli di controllo saranno la nostra quotidianità a lungo, per questo vale davvero la pena ragionare insieme se il traguardo sia verso un progressivo ritorno al sistema che abbiamo forzatamente lasciato, o se piuttosto sarà essenziale trovare nuove forme di sviluppo di una industry che comunque resterà essenziale nei modelli di promozione e distribuzione di aziende e prodotti.

La crisi ricorda che il bisogno di collettività, sia esso di stati, aziende o individui, è essenziale e intrinseco al nostro modo di vivere le relazioni, che gli strumenti digitali per ora sostituiscono in toto, poi potranno integrarsi, ma non è pensabile saranno perfetti sostituti.  Questo articolo affronta bene il tema sotto il profilo antropologico.

Come cambiera completamente lo spazio, il cuore delle relazioni sociali
Come cambiera completamente lo spazio, il cuore delle relazioni sociali

 

E’ una fase a cui chiunque, come individuo e come collettività, è giunto clamorosamente impreparato e che ci ha imposto a ragionare sui desideri, fossero essi personali o aziendali. Tra di essi è evidente considerare come il viaggiare fosse ritenuto quasi scontato, mentre ora è in cima ai nostri desideri futuri. Questo vale per le vacanze ma anche per motivi di lavoro, e le fiere rappresentavano per tantissimi un calendario di biglietti aerei, prenotazioni di spazi nei padiglioni e di camere di hotel, scadenze che ora comprendiamo nella loro assenza.

Al contempo, e su questo ho letto qualche report e ascoltato numerosi addetti ai lavori ed i loro commenti, la quasi totalità delle imprese ha sottolineato ora come le fiere fossero essenziali nei rispettivi piani di budget: circa il 50% tipicamente va in presenza alle manifestazioni di riferimento, e ora viene forse compreso il valore di quella comunità di incontri, che può essere temporaneamente sostituita dalla tecnologia (che ha un costo e un know how che molte aziende non posseggono), ma che ad ogni modo oggi viene convenuto che rappresenta un valore in sé, un pò come quando nacque la piazza o Agorà dove 2500 anni fa cominciarono a raccogliersi in luoghi comuni i commerci, le idee, i riti. Finalmente accade di trovare articoli che parlano dell’industry delle rassegne b2b e ne tracciano gli impatti su settore e territori, mentre prima si parlava solo del singolo evento come un mero contenuto di servizio, quasi una commodity. Leggete che dice il Financial Times qui

How coronavirus will reshape the trade fair industry
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Non ho mai ascoltato tanti webinar come ora, ascoltato confronti sull’industria delle fiere e sulle prospettive economiche e dei commerci internazionali, mescolandoli con altri di psicologia, economia, management, yoga: per questo, mescolando tutto questo e trovando il tempo di “elaborare il lutto” ritengo che una vera ridefinizione del settore possa nascere, con forme e modelli nuovi. E’ tuttavia ancora presto per avere delle risposte, per ora siamo alla fase delle domande e delle riconversioni, per salvare eventi in calendario nel 2020 e che le industrie spesso chiedono a gran voce che non vengano persi.

Nei prossimi appunti, cercherò di mettere in fila alcune tra le idee e i trend che potranno dare la via di sviluppo, per l’industria internazionale degli eventi fieristici: i principali sentiti nei vari incontri virtuali di questi giorni, e magari qualche spunto mio per favorire un confronto tra operatori di un’industria che sta attraversando il deserto, ma che finalmente si riconosce e si parla.



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